Estratto dall'articolo: Siamo nel 1989 e Ghirri è al culmine del suo lavoro, cui una morte
improvvisa metterà termine solo tre anni dopo. Si tratta di trascrizioni da un nastro, conversazioni fatte a braccio, che riguardano il ruolo del fotografo contemporaneo, la tecnica, l'uso della luce, la trasparenza, la storia della fotografia, la grafica editoriale.
Il fotografo emiliano commenta foto proprie e altrui, spiega cosa è oggi un fotografo, come lavora, come si rapporta con la tradizione. Dà una definizione calzante di sé, della sua formazione e del suo lavoro: non è andato a scuola in un laboratorio di fotografia o in uno studio, non è fotoreporter, non è fotoamatore passato al professionismo, non è membro di una agenzia fotografica. È un uomo che guarda dentro una macchina fotografica. Queste lezioni di metodo sono, non meno del libro di Scianna, lezioni di etica. Dello sguardo, prima di tutto. Certo, Ghirri non è un fotografo di prima linea, uno che è là dove l'uomo viene colpito, massacrato, distrutto. Spira nelle sue immagini un'aria di grande equilibrio: foto spesso senza figure umane, immagini di paesaggi, luoghi. Foto incantate e incantatrici.
Quella di Ghirri non è una scelta casuale; egli cerca «un rapporto minimamente più approfondito con il visibile». Il suo scopo è quello di pulire il nostro sguardo dal già-visto, dai luoghi comuni. Il fotografo emiliano non ha denunciato nulla, o quasi, neppure lo scempio del paesaggio.Ma ha fatto qualcosa di più, di cui oggi abbiamo molto bisogno: ci ha insegnato a guardare il mondo. In positivo. La fotografia era per lui un «modo di relazionarsi col mondo», in cui il segno di chi fotografa è certo forte, ma orientato a trovare un equilibrio tra l'interno e l'esterno, tra l'interiorità del fotografo e il mondo là fuori: «che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia».
Oggi che la fotografia, grazie alle macchine digitali e ai cellulari, è dilagata al di là dei confini del fotogiornalismo e della foto d'autore, la lezione di Ghirri diventa ancora più preziosa, non superata, come ha invece scritto Michele Smargiassi su la Repubblica recensendo il libro, proprio perché il tema dello sguardo si propone a tutti e non più solo ad alcuni. Dai tempi epici ed eroici del fotogiornalismo ai tempi prosastici della fotografia-di-tutti. La lezione etica di Luigi Ghirri è ancora più contemporanea, perché riguarda tutti. Un libro prezioso, poetico e indispensabile perché «il mondo continui a guardare il mondo».