Recensioni / Da Venezia a Disneyland

Nel 1995 l'architetto olandese Rem Koolhaas inserì nel suo voluminoso libro S, M, L, XL un capitolo su Singapore. Con un misto di repulsione ed entusiasmo descriveva lo sviluppo architettonico dell’isola nei trent’anni precedenti. La combinazione di libero mercato e autoritarismo aveva dato luogo a un esperimento estremo: prima la riduzione dell’isola a tabula rasa, attraverso l’eliminazione non solo degli edifici esistenti ma anche di elementi naturali come i rilievi (spianati) o le linee costiere (estese), poi una crescita smisurata, sollecitata dal regime, ma non guidata da alcun piano regolatore, destinata a realizzare qualcosa di simile a un enorme scenario di cartapesta (che gli inglesi chiamano “Potemkin village”). Nelle ultime pagine  sosteneva che Singapore, così lontana dai sistemi democratici responsabili degli assetti urbani in Europa e negli Stati Uniti, poteva diventare un modello di sviluppo delle città asiatiche. La traduzione italiana di questo saggio, accompagnata da una nuova premessa dell’autore, consente di capire cosa ne pensi oggi Koolhaas, che nel frattempo, da semplice osservatore, è divenuto uno dei protagonisti dello sviluppo architettonico asiatico, autore del progetto della monumentale sede della tv cinese a Pechino e di quello di un bizzarro grattacielo sospeso, piantato in mezzo all’isola che tanto lo aveva impressionato.