Un’astrologia della storia. Un’intuizione zodiacale dei suoi eventi. Un’attrazione stellare per i suoi momenti. Un oroscopo del tempo passato prima che del futuro. Fa rima con provocazione l’idea di costellazione che, più brillante e meglio disegnata di un astro guida – stella polare o stella cometa –, ha condotto il filosofo, fisionomo e estetologo Giovanni Gurisatti attraverso l’opera di Walter Benjamin. Principio d’ordine e metafora di scoperta, congiunzione calcolabile ma incontrollabile di un metodo di ricerca con una fortunosa trovata, la costellazione è la figura che permette di individuare nel pulviscolo della scrittura frammentaria del pensatore ebreo tedesco, nella sequela di lampi e illuminazioni teoretiche disseminate sul suo percorso, una scia e una via. Di riconoscere nella dispersione di nuclei eterogenei, temi cruciali, centri gravitazionali messi a fuoco nel firmamento della sua opera, il movimento equilibrato di un sistema. Di scorgere la rotazione e eventualmente la rivoluzione di motivi ritornanti. E ripercorrere la distanza abissale tra corpi vistosamente estranei, ma tanto più legati da un vincolo polare.
“Il dramma barocco tedesco”, il “Passagen-Werk” sulla “Parigi capitale del XIX secolo”, il saggio su “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” sono i tre fulcri e vertici toccati in successione da Benjamin per additare al più perspicace dei suoi interpreti la sorprendente analogia, l’affinità elettiva o parentela stellare tra fasi apparentemente estranee e lontane della storia dell’occidente. Tra le sperimentazioni artistiche secentesche e quelle espressioniste ottocentesche. Tra il furore emblematico barocco e il simbolismo baudelairiano. Tra la melanconia düreriana, l’horror vacui, il tedium vitae degli albori del moderno e lo spleen metropolitano contemporaneo. Tra la teatralizzazione del mondo messo in scena nel dramma tedesco del secolo XVII e la sua spettacolarizzazione, la mercificazione, messa in atto con il supporto della tecnica nel XX.
E’ una figura geometrica complessa ma nitida, nettamente tracciata nella linea zigzagante dei suoi contorni quella che appare magicamente, come unendo i puntini di un gioco enigmistico. Rivela l’attualità del filosofo che, più ferocemente inattuale di Nietzsche, aveva denunciato i danni e l’inutilità per la vita di una storia musealizzata e mortificata. Fa balenare, e non come illusione effimera, la luce di una chance, l’emergenza di un kairos, un tempo pieno, un attimo fatale: la speranza messianica di una salvezza. E mostra con chiarezza tanto maggiore a chi meglio si dispone a coglierle, guardarvi dentro, “in-tuire”, che certe coincidenze imprevedibili, si possono leggere come attendibili previsioni di un destino.
Previsioni astrologiche. E’ precisamente questo l’obiettivo che Gurisatti persegue con lucido rigore metodologico ed estrema consapevolezza epistemologica nella sua ricognizione delle costellazioni benjaminiane. Da studioso di Schopenhauer e Goethe, da esperto di discipline esattissime ancorché scientificamente “scivolose” quali la grafologia, la morfologia e la fisiognomica, azzarda l’unico approccio possibile a manifestazioni che sfuggono a una concezione astratta e lineare del tempo, a una visione positiva e materialistica della storia, a una verifica sperimentale aliena all’interpretazione ermeneutica delle esperienze della vita. Sguardo allenato, attenzione vigile, coscienza desta e prontezza di riflessi sono i requisiti essenziali per uno studio simile. E l’amor fati per un eroe del pensiero che, tragicamente scomparso settant’anni fa, brilla come una stella fissa nell’orizzonte filosofico postmoderno.