Recensioni / Le 'Operette ipotetiche' di Cornia

Desiderando un miracolo, la nostra mente  immagina un evento eccezionale. Oppure una catena di fatti, “degli show un po’ strampalati e esibizionistici, che esorbitano totalmente dalle leggi della natura.” Ugo Cornia, invece, in Operette ipotetiche, edito da Quodlibet Compagnia Extra, ci racconta delle piccole storie in cui il gesto miracoloso è un atto che nessuno conosce, che dio disegna, fabbrica e riempie di senso nell’enorme e silenzioso spazio della sua mente assoluta. Stabilendo il valore di un bene o di un amore di cui nessuno saprà mai nulla. Ma che conserverà tale principio di valore comunque  e per sempre. Un accadimento – che potrà coinvolgere intere masse di umanità o un individuo soltanto – che la coscienza di un pensatore, in questo caso coincidente con lo scrittore stesso, analizza in tutti i suoi possibili sviluppi: morali, psicologici o pratici. E sopra ogni cosa ironici. In questo vive la forza profondissima di ogni storia. I capitoli di questo libro, i racconti – come li definisce l’autore – sono scanzonati e spesso anche provocatori. Ci fanno dubitare del valore del pensiero e della scrittura: non perché non siano ben scritti o perché il tema sia troppo lontano dalla vita quotidiana – anzi, spesso gli argomenti sono così comuni da farci provare la spiacevole sensazione di esser  colti in flagrante – ma perché, ad un certo punto, nel bel mezzo della nostra lettura, comprendiamo che Cornia prende in giro i massimi sistemi. E con essi anche noi. Se fosse un dio vorrebbe essere Giove, dando sfoggio della sua cultura classica e cercando soprattutto di conquistare la bella vicina di casa; invece se usa il suo corpo con il solo fine di procurarsi del piacere fisico probabilmente è solo a causa di un vecchio rito vudù, praticato da una certa Sandrina, di cui si era invaghito quando era piccolo. Le storie con cui Cornia ci affabula, ci distrae e ci intriga, sono brevi;  lunghi sono i periodi, le frasi con le quali le distende sulla pagina. Sono larghi anelli, cerchi dal vasto diametro in cui i nomi e gli aggettivi, uniti insieme dai verbi, diventano il perimetro dentro il quale ci ritroviamo ad essere e a girare, senza sapere dove stiamo andando: ignoriamo completamente dove la storia possa condurci, attraverso  le sue spirali, in cui abbiamo perduto il filo della logica, dimenticato che ore sono ed anche come era cominciato il discorso che l’autore  sta completando. Poi però, alla fine della domanda, ci viene da ridere. E ancora tanta voglia di leggere.