Recensioni / Dirompenti visioni dei "Sogni" di Dolores Prato

Quodlibet torna a Dolores Prato, dopo Scottature (1996) e la versione integrale dell'epopea memoriale di Giù la piazza non c'è nessuno, con un volume altrettanto ponderoso, ma dalla natura frammentaria e a tratti enigmatica. Sogni, stabilisce il titolo, è una raccolta di oniriche memorie raccolte nel corso degli anni: il ponderoso libro, edito per le ottime cure di Elena Frontaloni e con una precisa introduzione di Gabriele Pedullà, propone materiali che vanno in tutto il corso della vita della scrittrice, dal 1928 al 1992. Queste pagine sono conservate all'Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze, ove sono indicate come deposito di ricordi notturni, relitti del sonno. L'idea di raccoglierli era spesso stata segnalata dall'autrice che qui vede esaudito il proprio desiderio. La scena del sogno appare come in un trattato barocco: un luogo in cui si possono sperare visioni e si può venire a patti, anche se con gran fatica, con i luoghi oscuri del proprio immaginario. A margine di uno dei primi testi compare una espressione che sembra illuminare tutta la sequenza: si parla infatti di «sofferenza rievocatoria», intendendo in primo luogo la volontà di rendere tutto di quella epifania. Così ne Le ore la scansione minuta della vita conventuale si invera nel ritmo calibratissimo della scrittura, in cui la soffocazione dei pomeriggi vuoti lascia spazio all'improvviso a dirompenti visioni. La concentrazione nel ricordare tutto quello che accade nel sogno, fa azzardare anche il tentativo di manipolare la materia. Stabilito che le immagini arrivano verso l'alba la scrittrice si ingegna per trovare una esatta condizione per avere sviluppi narrativi che passino anche da una apparizione onirica all'altra. Più che Freud, risuonano certe atmosfere antiche, come se ci fossero echi dal gran libro di Artemidoro di Daldi, ma il nome non figura nell'utile Glossario dei personaggi in appendice. Invece compaiono figure della vita privata della Prato, parenti, ma anche personaggi politici (notevole la storia di un Giuseppe Saragat, che chiede lumi su quale moglie debba prendere, come uomo e personaggio politico). Molte di queste pagine risuonano nei ritmi narrativi dei romanzi e dei racconti, in specie in quelle situazioni di disagio che i suoi personaggi spesso dichiarano, come la protagonista di Scottature, che per troppo amore del sole si ritrova con gravi ustioni nel primo giorno in cui infine riesce a compiere il suo sogno di andare al mare. Treia, luogo di infanzia e separazione, torna in un passaggio gotico che è tra i migliori del libro, con le suore del convento viste come «un groviglio di malattie, mostri, morte», segni estinti degli affetti di infanzia trasformati in spettri del rimosso. Spesso non basta il tempo di scrivere tutto quello che compare sul palcoscenico notturno e una nota afferma che si era perduto: «il sogno più profondo, quello che mi disse il significato della morte».