Recensioni / L'ultimo Panofsky

L’ultima fatica compiuta da Erwin Panofsky in Germania prima di migrare negli Stati Uniti nel ’33 è quella di un “Ercole al bivio”. L’ultimo libro pubblicato in madrepatria (nel 1930, per l’editore Teubner di Lipsia e Berlino) e scritto nella madrelingua tedesca è intitolato all’eroe posto al crocevia, al varco di una soglia, di fronte a una decisione radicale. Il vizio o la virtù? La prudentia o la voluptas? L’etica o l’estetica? Il piacere e l’ignavia o la sfida e il pericolo? A indicare – incarnare anzi – le due possibili vie da prendere, accanto all’eroe si pongono due donne. “Grandi”, nota Panofsky, “vale a dire ultraterrene”. L’una, sana, nobile, biancovestita, fa della pulizia dello stile il suo unico ornamento. L’altra, morbida, impudica, esuberante, calca i toni delle vesti e del belletto e non esita a esibire le sue grazie. Così raffigurarono quella doppia seduzione, la duplice promessa di felicità che ingenerò nel semidio la più grave (in)decisione, i maestri del Rinascimento: Gerolamo di Giovanni di Benvenuto e Sebastian Brandt, Prospero Fontana e Cristofano Robetta, Peter Vischer il Giovane e Lucas Cranach il Vecchio. In un grande tour de force esegetico, il filosofo dell’arte insegue il motivo riprodotto per variazioni nelle loro tele fino al Barocco e al Settecento.
Nel mezzo del cammino di sua vita, il trentottenne Panofsky sceglie insomma la strada dell’ardua prova e della fatica. Sosta però a lungo sul punto di non ritorno: a rilevare il passo irreversibile che sta per muovere. Quello che lo stava per condurre dalla giovinezza alla maturità e che avrebbe ordinatamente ricomposto il mistero della trinità del tempo: unione di memoria, intelligenza e previdenza, custodia del passato, riconoscimento del presente e previsione del futuro. Quello che, nella storia dell’arte e nella successione dei secoli aveva portato dall’arcano dei simboli alla chiarezza della prospettiva, dal medioevo germanico alla modernità italiana. E che, nel percorso scientifico e biografico dello studioso, segnava il passaggio dalle densità teutoniche alla luminosità americana. Dalle forme simboliche di Cassirer all’empirismo di Edgar Wind. Dalla seduzione dei miti e degli eroi all’interpretazione analitica che, indugiando a sondarli, rifiutava fino in fondo di sfatarli.