In tempi in cui i letterati italiani, cioè i discendenti di De Sanctis, sono propensi a celebrare scrittori d'oltreoceano convertiti con candido entusiasmo al personal essay e al saggio autobiografico, si deve ricordare che, dal 1985 al 1993, Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli stampavano clandestinamente Diario, una rivista a quattromani riproposta integralmente in anastatica pochi mesi fa da Quodlibet, che, del saggio, dimostrava le enormi potenzialità espressive e l'eccellenza. La scelta di antologizzare nel primo numero Kierkegaard - il filosofo irriducibilmente soggettivo dell'aut aut - ci appare oggi emblematica e, insieme, programmatica: in quanto presa di distanza da tutti quei pensatori politici e dialettici, non solo hegelo-marxisti, i quali, quand'anche rivoluzionari, mostravano una concezione della realtà fondata sul superamento delle contraddizioni e, per ciò stesso, conciliata e conciliante. Le sorti della teoria della letteratura erano ancora magnifiche e progressive: Notizie dalla crisi di Cesare Segre - un libro per cui la critica italiana non sembrava esistere e che della teoria, nonostante il titolo, forniva ancora una visione idolatrica - usciva proprio nell'anno in cui Diario chiudeva i battenti.