In un momento storico come quello che stiamo vivendo, caratterizzato dalla rinascita in varie forme del razzismo, dall’esclusione dell’altro e del diverso, dal richiamo a forme di identità culturale chiuse e impermeabili, è di particolare importanza riproporre quel filone specifico della cultura ebraica della prima metà del 900 che mise al centro il confronto con il pensiero e la letteratura dell’Europa ad esso contemporanea. Riprendendo un concetto di Emanuel Levinas, si può dire che le esperienze culturali di cui si parla in questo numero dell’«Ospite ingrato» hanno scelto di interrogare in profondità e senza riserve “il volto dell’altro”. Le opere di filosofi come Benjamin, Rosenzweig, di scrittori come Proust, Kafka o Celan, nella loro estrema diversità hanno in comune il fatto di essere profondamente radicate nella tradizione e nelle prospettive dell’ebraismo: e tuttavia, con altrettanta evidenza, esse sarebbero impensabili senza il confronto con le tendenze più critiche e radicali del pensiero europeo. Nell’ora presente, in cui questa grande tradizione critica si sta indebolendo e rischia di venir meno, stretta fra una concezione chiusa e riduttiva dell’identità nazionale ebraica, e la melma del negazionismo e dell’antisemitismo, l’«Ospite ingrato» intende richiamare e discutere la storia e la memoria di una cultura caratterizzata dal coraggio dell’Esodo, della metamorfosi e della pluralità culturale; e unisce non per caso scritti di ebrei la cui riflessione in quest’ambito è di grande rilievo, come Arendt e Anders, a testi di intellettuali contemporanei (come Badiou, Lyotard, Santner) che s’interrogano tanto sul senso di quella eredità, quanto sull’evoluzione del pensiero critico, nella convinzione che di entrambe continuiamo a non poter fare a meno.
Mario Pezzella (Scuola Normale di Pisa) ha dedicato uno studio monografico a Walter Benjamin (La memoria del possibile, 2009) e tradotto, tra gli altri, Michael Löwy (Segnalatore d’incendio, 2004).