Riviste / L'ospite ingrato / Umanesimo e tecnologia / Colonizzati o colonizzatori? L’anticolonialismo olivettiano sulle pagine di «Comunità», 1954-1964

Il presente contributo intende offrire una riflessione sull’anticolonialismo di Adriano Olivetti, del Movimento Comunità e degli intellettuali che fra anni Cinquanta e Sessanta vi gravitavano attorno. Attraverso un’analisi dei numeri della rivista politico-culturale «Comunità» usciti tra il 1954 e il 1964, negli anni cruciali che vedono il dispiegarsi del processo di decolonizzazione su scala globale e la crescita del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, è possibile mettere in luce le implicazioni dell’anticolonialismo ‘comunitario’ olivettiano nonché la sua evoluzione, anche in seguito alla morte di Adriano nel 1960. L’ipotesi di fondo è che, sotto l’aperto anticolonialismo che emerge dalle pagine della rivista, giacesse anche da un lato l’interesse per i paesi del Terzo Mondo come modelli di una ‘terza via’ allo sviluppo tra capitalismo di stampo americano e socialismo sovietico e, dall’altro, un riconoscimento soltanto parziale del carattere potenzialmente coloniale dell’industrializzazione eterodiretta del Sud Italia e delle aree ‘sottosviluppate’.

This article aims to offer a reflection on the anticolonialism promoted by Adriano Olivetti, by the Movimento Comunità and by those intellectuals who gravitated around them between the 1950s and 1960s. The analysis of the issues of the journal «Comunità» appeared between 1954 and 1964 – in the crucial years which saw a boost in the decolonisation process and a growth of the Civil Rights Movement in the US – allows for an understanding of Olivetti’s ‘communitarian’ anticolonialism and its implications and evolution, before and after the death of Adriano in 1960. The central hypothesis at the basis of this article is that the overt anticolonialism which transpires from the pages of «Comunità» was also driven by a strategic interest in third-world countries as models of a ‘third way’ to development, halfway between US-style capitalism and soviet socialism. In addition, what emerges is an only partial recognition of the potentially colonial character of the top-down controlled industrialisation of Southern Italy and other ‘underdeveloped’ areas.